Quel che vi serve sapere: Sharon Carter ha messo insieme una squadra di esperti mercenari per missioni segrete ad alto rischio composta da Paladin, Nomad, e Diamante. La squadra è stata assunta dal miliardario texano John Marshall “Texas Jack” Muldoon per mandare all’aria gli esperimenti illegali della Koch International in un laboratorio alle Hawaii. Sul posto Sharon scopre che anche la kunoichi[1] giapponese nota solo come Yukio si interessa alla cosa o meglio alla guardia del corpo di Walter Koch: il misterioso Shiv, che assomiglia in modo impressionante a Wolverine. Yukio accetta di allearsi con Sharon ed indirizza la squadra dall’uomo che le ha fornito informazioni su Shiv: Wilson Fisk, meglio noto come Kingpin.

Nel frattempo a New York Amadeus Cho si sta facendo aiutare da Bucky Barnes nelle indagini sulla morte dei suoi genitori.

Intanto un commando rapisce un detenuto da un carcere federale di minima sicurezza in Florida. Il detenuto è il Professor Mason Harding, creatore della Bomba della Follia.[2] A “liberarlo” è stato l’A.I.D.[3] per ordine della Dottoressa Monica Rappaccini che vuole convincerlo a lavorare per la sua organizzazione.

Ed ora allacciate le cinture che stiamo per partire.

 

 

#36

 

 AI CONFINI DELLA FOLLIA

Di Carlo Monni & Carmelo Mobilia

 

 

Un luogo segreto negli Stati Uniti.

 

Il suo nome era Mason Harding e fino a poche ore fa era un detenuto modello in un carcere di minima sicurezza, fino a quando un commando armato aveva fatto irruzione nella prigione facendolo evadere contro la sua volontà. 

Adesso si trovava seduto ad una tavola elegante, al cospetto di una donna dai modi molto autoritari vestita di una lunga tunica nera dai fregi dorati. Il suo viso aveva qualcosa di familiare ma Harding non riusciva a ricordare dove lo avesse già visto.

<Io sono la Dottoressa Monica Rappaccini, Professor Harding…> si presentò la donna e Harding finalmente si ricordò di lei: una biochimica italiana che aveva suscitato scalpore nell’ambiente scientifico per le sue teorie poco ortodosse.

La giovane donna sorrise comprendendo di essere stata riconosciuta dal collega scienziato e proseguì:

<… e le do il benvenuto nell’A.I.D.>

<A.I.D.?> chiese l’uomo.

<Acronimo per Avanzate Idee di Distruzione, professore. Siamo un’èlite di scienziati dediti alla costruzione e alla vendita di sofisticate armi.>

<C-Che cosa volete da me? Io ho smesso con quella vita! Voglio solo finire di scontare la mia pena e tornare dalla mia famiglia!>

<Oh professore, sarebbe davvero uno spreco del suo geniale talento, e io mi vanto di avere un buon occhio, per il talento. Il suo lavoro ha ispirato centinaia dei miei scienziati! Voglio dire, lei è l’uomo della Bomba della Follia!  Un vero capolavoro nel campo delle armi di distruzioni di massa!>

<N-Non me ne parli.... È una cosa di cui ancora mi vergogno!> esclamò Harding, mettendosi le mani tra i capelli <Per quanto ancora dovrò pagare per quello sbaglio?> disse ancora, con una nota di disperazione nella voce.

<Professore, quel piagnisteo non è degno di un genio del suo livello! Non ha sentito cosa le ho detto prima? Qui da noi lei è considerato un’autorità! I miei collaboratori on vedono l’ora di potersi mettere al lavoro insieme a lei! E qui da noi avrebbe a disposizione laboratori all’avanguardia e la miglior tecnologia disponile al giorno d’oggi.>

<Che cosa? NO! Non voglio assolutamente collaborare con voi in alcun modo! Non importa cosa mi farete, non prenderò parte in alcun modo a... qualunque cosa abbiate in mente!>

<Oh invece credo proprio che lo farà, non ho alcun dubbio in proposito...>

<N-Non mi fa paura, dottoressa. Non mi importa cosa mi farete, io non vi aiuterò.>

<Non ho alcuna intenzione di minacciarla, professore, mi creda. E non ho neppure intenzione di minacciare sua figlia: visto il suo stato di salute, una minaccia di morte non sarebbe attendibile, le pare?>

<Mia figlia ... Carol ... cosa avete....>

<Si calmi. Su figlia sta bene. Relativamente parlando, intendo dire... è ancora nella vostra villa di famiglia, non ha lasciato il suo letto. No, quello che ho da offrirle in cambio dei suoi servigi penso proprio che le interesserà... > così dicendo, Monica Rappaccini, schioccò le dita. Subito uno dei suoi uomini le si avvicinò.

Porgendole una gabbia per criceti.

La donna estrasse dalla gabbietta il piccolo animale custodito al suo interno e lo appoggiò sul tavolo.

Il suo assistente le passò una mannaia e lei, sferrando un colpo dall’alto, mozzò una zampa al criceto.

<Che orrore... > disse Harding, con un’espressione di disgusto sul volto.

<Si calmi. Non è una crudeltà gratuita. Mi serve per la mia dimostrazione.>

Schioccò nuovamente le dita e un altro dei suoi assistenti le passò una siringa.

La dottoressa Rappaccini iniettò il liquido alla bestiola sofferente.

<Ora stia ad osservare quello che avviene... >

Qualche istante dopo avvenne qualcosa di miracoloso: dal moncherino del criceto cominciò a ricrearsi un nuovo arto, e in pochi minuti l’animale tornò integro com’era prima.

<È ... stupefacente!> esclamò l’uomo, incredulo.

<È un siero sperimentale. È molto difficile da sintetizzare e riprodurre. È stato ricavato dal DNA di un mutante noto come Sabretooth, un essere dotato di uno straordinario fattore di guarigione, come ha potuto constatare con i suoi occhi. Stiamo lavorando al fine di ricavarne un farmaco in grado di rigenerare le cellule umane allo stesso modo. Ora arriviamo al dunque, professor Harding, la mia offerta è la seguente: lei costruirà per me una nuova bomba della follia, e io farò somministrare una dose del nostro farmaco a sua figlia Carol. Immagini che la sua malattia regredisca e che lei torni a poter condurre una vita normale; non ne varrebbe la pena?>

<Carol ... guarita.... > sospirò l’uomo.

<Già. Sarebbe un lieto fine, non le pare? Un regalo di Natale anticipato per voi. Ora, come le dicevo sintetizzare il siero è un operazione molto complessa, e ad oggi ne possiedo pochissime fiale. Sono disposta a privarmene per farne avere una dose a sua figlia, ma voglio essere molto chiara con lei professore: pretendo da lei assoluta obbedienza e fedeltà.> fece un altro cenno ai suoi uomini, e questa volta portarono una bottiglia di vino e due bicchieri, e ne fece porgere uno a Harding.

<Allora, professore, è dei nostri?>

 

 

Un’isoletta di fronte a Oahu, Hawaii.

 

La barca stava trasportando Sharon Carter e la sua squadra verso un ristorante sulla spiaggia.

Sotto un portico decorato secondo la tradizione, c’era una lunga tavolata, ma vi era seduto solamente un uomo. Un uomo dalle misure non comuni.

La stazza di un lottatore di sumo, la testa completamente calva.

Indossava una camicia colorata aperta sul davanti.

Stava mangiando un’aragosta accompagnata da dell’ottimo vino bianco.

Nessuno osava disturbarlo. Solo al suo fidato Wesley era permesso avvicinarlo.

<Signore, sono arrivati i suoi ospiti. Sono appena sbarcati.> disse l’uomo.

<Falli venire.>

Yukio presentò la squadra a Fisk.

<Konnichiwa, Fisk-san.> disse la donna.

<Salve, Miss Yukio.> rispose l’uomo <Prego accomodatevi. Posso farvi servire qualcosa?>

<No grazie, mister Fisk. Non staremo molto.> disse la donna

<Uh, io gradirei un bicchiere di quel delizioso Verdicchio che sta bevendo lei ...> domandò Paladin.

Wesley provvide a soddisfare la richiesta dell’uomo, mentre Sharon e gli altri fissarono in malo modo il loro compagno di squadra.

<Allora, ditemi: di cosa volevate parlarmi?> chiese Fisk.

 

 

Dodici ore prima.

 

<Wilson Fisk?> chiese Nomad <Kingpin? L’ex zar del crimine di New York?>

<Proprio lui.> rispose Yukio.

<Tu sei in contatto con... quell’animale?>

<Non essere così rigido nei giudizi. Fisk afferma di aver cambiato vita dopo l’accordo con i federali, e che non si riconosce più nel nome di Kingpin, quindi se la vedi da questo punto di vista, si tratta semplicemente di prendere contatti con un commercianti di crostacei.>

<Balle, non gli credo. Non credo ad una sola parola.> aggiunse Nomad.

<Se ha le informazioni che fanno al caso nostro, non m’importa nemmeno se sia Hannibal Lecter: voglio che lo incontriate e che sentiate cosa abbia da dire.> sentenziò Texas Jack Muldoon.

<Se faccio una telefonata posso fissare un incontro già per domani a pranzo.>

<Fallo.> disse Sharon.

<Non ci posso credere! Ma lo sapete con chi avete a che fare? Prima di mettermi a giocare a James Bond, facevo il vigilantes per le strade, e ogni traffico illecito, ogni crimine, ogni truffa, imbroglio e omicidio sulla costa Est del paese aveva in qualche modo a che fare con lui! E adesso vogliamo “discutere di affari” con lui?>

<Adesso basta Jack!> lo interruppe bruscamente Sharon <Ho smesso di lavorare con Rogers perché era pieno di queste remore morali che ci impediscono di lavorare come si deve! Se Fisk ha qualcosa che può permetterci di portare a termine la Missione, starò a sentire quello che ha da dirci, chiaro? E io questa cosa la faccio con te o senza di te, okay?>

Nessuno ebbe l’ardire di aggiungere qualcosa.

<Okay. Ma non mi piace.> si limitò a concludere Nomad.

 

 

Oahu. Adesso.

 

<Siete sicuri di non voler favorire? Posso farvi preparare qualsiasi portata.> ripetè Fisk ai suoi ospiti.

<No mister Fisk, non è di cibo che abbiamo fame, ma di informazioni.> rispose Sharon Carter.

<Cosa vi interessa sapere?> domandò ancora Fisk, con cortesia.

<Stiamo indagando su Walter Koch, il presidente della casa farmaceutica omonima. Abbiamo motivo di pensare che sia impegnato in affari loschi e stiamo raccogliendo prove a tal proposito. Yukio diceva che lei forse è in grado di aiutarci, in tal senso.>

Wilson mandò giù un boccone, poi si portò alla bocca il bicchiere e sorseggiò il suo vino. Si pulì la bocca con il tovagliolo e prese a parlare.

<Si dice che la Koch stia progettando un nuovo farmaco, forse per uso militare. Pare che utilizzi cavie umane per i suoi esperimenti. È Shiv a procurargliele, pescando tra i derelitti della società ... reietti, senza tetto, gente con debiti di gioco... a volte qualche turista di passaggio, senza mai attirare troppo le attenzioni delle autorità.>

<Shiv è quest’uomo?> chiese Yukio, mostrando una fotografia.

<Si, ma su di lui non so molto, se non che è un uomo molto pericoloso.>

<E tu cos’hai a che fare in tutto questo?> chiese Nomad, bruscamente <Qual è la tua parte? Cosa ne guadagni? >

<Jack!> lo riprese Sharon.

<I miei affari con Mr. Koch non sono legati in alcuni modo alla sua azienda farmaceutica. Abbiamo investito entrambi in un casinò sulla spiaggia, e io non faccio mai affari con qualcuno, se prima non prendo informazioni su lui ... così come ho fatto con lei, Miss Carter, ex agente 13 dello S.H.I.E.L.D., e con lei, Paul Denning, alias P.L. Dean alias Paladin, un mercenario di cui ho sentito parlare molto bene...>

<Sono lusingato!> disse Paladin compiaciuto, guadagnandosi nuovamente lo sguardo di disappunto dei suoi.

<Di Miss Leighton conosco i precedenti di quando era con la società dei Serpenti, ma mi risulta che adesso sia passata dalla parte della legalità...>

Rachel non disse nulla ma si sentì a disagio, anche se non lo diede a vedere.

<... mentre la mia rete di informatori non ha trovato nulla su di lei, sig. James Madison ... ammesso che questo sia il suo vero nome... pare che lei sia “tabula rasa”, e la cosa mi lascia alquanto perplesso.>

< Ha fatto bene i compiti, Mr. Fisk> riprese la parola Sharon <Ma vorremmo constatare di persona l’abilità della sua rete di informatori. Dove possiamo trovare le prove di quanto ci ha detto sulla Koch?> chiese ancora

<Wesley!> disse Fisk, schioccando le dita, e il suo aiutante gli portò un biglietto, che Fisk passò a Yukio e dalle mani di questa arrivò a quelle di Sharon.

<Questo è l’indirizzo di uno dei magazzini della Koch. Qui troverete quanto vi serve per incastrarlo.>

<E ce lo consegna così, senza volere nulla in cambio? Troppo bello... non siamo mica a Natale...> osservò cinicamente Rachel.

<Oh no, Miss Leighton, dice bene; negli affari non si fa nulla in cambio di nulla. Diciamo solamente che siete in debito con me di un favore e forse, un domani potrei richiedere i vostri particolari talenti per i miei interessi.>

<Ah ecco, ora si che mi suona...> rispose la ragazza.

<Allora, per adesso è tutto. La ringraziamo, Mr. Fisk.> disse Yukio, facendo cenno di andarsene.

Solo Nomad rimase. Fissava Fisk intensamente; la sua immagine si rifletteva sui suoi occhiali a specchio.

<C’è altro che possa fare per lei, sig. Madison?>gli chiese Fisk

<Per ora no ciccione, ma credimi, prima o poi io e te ci rincontreremo...>

< Attenderò con fiducia quell’incontro, allora.> rispose Fisk sollevando il bicchiere.

Jack lo trovava irritante, e avrebbe voluto dargli una lezione, ma al momento non c’erano le circostanze giuste per farlo. Si voltò e se ne andò, sentendo Fisk ridacchiare. 

Avere a che fare con gente della sua risma era una cosa che non era disposto a fare.

Quell’incontro gli aveva lasciato una sensazione sgradevole.

Steve Rogers di certo non lo avrebbe mai approvato. Che avesse ragione lui, sull’operato e la etica di Sharon?

 

 

Spanish Harlem, Manhattan New York.

 

Si poteva affermare che tutto era incominciato qui, anni fa, in questo stesso ristorante.

Proprio come oggi, Steve Rogers e il suo amico Sam Wilson erano a cena con le loro compagne, che all’epoca dei fatti erano Sharon Carter e Leila Taylor, e sventarono il rapimento del cameriere Felix Garcia. Fu quell’incidente che portò alle circostanze in cui Steve aveva fatto la conoscenza di Donna Maria Puentes, sua attuale fidanzata.

Per questo motivo Steve e Maria avevano scelto questo posto per la loro serata galante ed invitato anche Sam che si trovava a New York approfittando di una pausa dei lavori dei Congresso a cui era stato eletto tempo prima per il Collegio di Harlem.

Quando il suo amico arrivò, Steve fu sorpreso di vederlo assieme ad un’elegante ed attraente donna bionda invece che con la sua ultima compagna, la dottoressa afroamericana Claire Temple ma cercò di non darlo a vedere e si alzò galantemente..

<Vi presento Nicole Adams, capo del mio staff al Congresso.> disse Sam.

<Chiamatemi pure Nikki.> si schermì la donna abbozzando un sorriso.

Steve aveva un’ottima memoria ed aveva quasi immediatamente riconosciuto quel nome ma i trascorsi di Nikki Adams non erano cosa che un comune professore di scuola superiore avrebbe potuto conoscere e così tacque limitandosi a stringerle la mano.

<Non vorrei essere di troppo a questa riunione di vecchi amici.> disse Nikki.

<Un’amica di Sam è anche amica mia.> sentenziò Steve.

<Grazie… avete scelto un bel ristorante.>

<L’unico posto in tutta New York dove si può gustare la cucina tipica del mio paese!> esclamò Donna Maria.

<Io lo adoro. Potrei mangiarci tutte le sere.> osservò Sam.

<Speriamo solo che a nessuno venga in mente di prendere ostaggi o cose del genere> scherzò Maria.

<Non ditemi che vi è capitato!> esclamò Nikki.

<Anni fa io e Steve abbiamo sventato un tentativo di rapimento proprio qui. > [4]  spiegò Sam <Fummo fortunati immagino.>

<Uno dei rapimenti politici ordinati dal cugino di Donna Maria quando era dittatore di Rio de Muerte immagino.> commentò Nikki.

<E tu che ne sai?> chiese Maria, sorpresa.

<Lavoravo al Dipartimento di Stato. Essere informata sui capi di Stato era uno dei miei compiti.>

<Posso chiederti perché non ci lavori più?> intervenne Steve.

<Ho protestato contro certe direttive dell’attuale Amministrazione ed il risultato è stato che mi hanno dato un bel calcio nel sedere.>

<Capisco.>

<Si è presentata da me per un colloquio di lavoro e l’ho assunta immediatamente.> aggiunse Sam,

Il telefono di Steve vibrò. Era un messaggio da parte di Nick Fury che diceva semplicemente: “Nel bagno”.  Steve intuì facilmente che si trattava di informazioni importanti.

<Scusatemi ragazzi, torno subito.> disse, alzandosi e recandosi verso la toilette degli uomini.

<Nick?> disse sottovoce una volta dentro.

<Sono qui, Rogers.> disse Fury, uscendo dalla porta di un bagno.

<Che fai? Mi pedini?> chiese Rogers con un pizzico di fastidio.

<Mi dispiace dover fare così, vecchio mio, ma si tratta di qualcosa di cui era meglio parlare a quattr’occhi... o a tre, nel mio caso.>

<Di che si tratta?> chiese Steve, dimostrando curiosità <Se non hai voluto parlare per telefono, dev’essere una cosa seria.>

<Dannatamente seria.> rispose Fury <Si tratta di un agente sotto copertura e non posso rischiare di avere qualche cimice in ufficio che mandi a monte l’operazione.>

<Viviamo in tempi davvero difficili eh Nick?>

<Sono mai stati facili?> rispose cinicamente il direttore dello S.H.I.E.L.D.

<Di chi si tratta?> chiese ancora Steve.

Nick attivò un tasto del suo comunicatore da polso e questo attivò un ologramma, mostrando l’immagine di una donna che Steve aveva già visto.

<Conosco questa donna. >

<L’agente Scorpia lavora per me come agente infiltrata nell’ A.I.D., ne abbiamo già parlato, ricordi>[5]

<Certo e tu mi hai anche detto che è figlia di Monica Rappaccini e Bruce Banner.>

<Siamo in pochissimi ad avere quest’informazione. Nemmeno la Contessa ne è al corrente. Solo tu io e Dum Dum.>

<Continua.>

<Oggi Scorpia mi ha trasmesso un’informazione potenzialmente pericolosa. Ricorderai senz’altro il professor Harding.>

<Come potrei dimenticarlo? È colui che ha creato la bomba della follia.>

<Che non pochi grattacapi ci ha creato in passato. La notizia è non è ancora di pubblico dominio ma un commando paramilitare ha rapito Harding dalla prigione di minima sicurezza dove l’avevamo fatto rinchiudere. Da quanto dice Scorpia, pare che la dottoressa Rappaccini voglia commissionargli un nuovo tipo di bomba.>

<Harding non l’aiuterebbe mai, a meno che…>

<…. Non ci sia di mezzo sua figlia. Ci ho pensato anch’io. Come ricorderai, lei soffriva di una malattia in fase terminale.  Con le cure che ha avuto grazie al nostro interessamento è sopravvissuta sino ad oggi ma è solo questione di poco tempo ormai prima che muoia.  Monica Rappaccini è un genio della biochimica del livello di Pym e McCoy, se avesse scoperto una cura per la malattia di Carol Harding…>

<Suo padre farebbe di tutto per fargliela avere. Sono d’accordo Nick. E dato che non vuoi far saltare la copertura della tua agente, perché pure la Rappaccini potrebbe avere un infiltrato tra i tuoi uomini, vuoi affidare alla mia squadra la Missione, dico bene?>

<Esattamente, ma non si tratta solo di liberare Harding. Voglio che porti con te pure la ragazza. È ora di tirare fuori le castagne dal fuoco, se hai capito cosa intendo.>

<Non devi dire altro Nick. Ti avevo già detto che l’avrei fatto non appena ne avessi avuto l’occasione e l’occasione è arrivata.  Ce ne occuperemo noi, puoi contarci.>

 

 

Honolulu, Hawaii

 

Nella suite di Texas Jack Muldoon fervevano i preparativi per l’imminente missione. Sharon Carter indossava una tuta aderente bianca che a parte il colore ricordava quelle classiche dello S.H.I.E.L.D. e dal suo fianco destro pendeva una fondina con relativa pistola. Nomad, Paladin e Diamante si erano messi i loro costumi con tanto di maschera, Yukio aveva una calzamaglia nera.

<Agiremo stanotte stessa.> disse Sharon.

<Regole d’ingaggio?> chiese Paladin.

<Distruggere quel posto, liberare i prigionieri e se qualcuno cercasse di fermarci, neutralizzarlo con ogni mezzo necessario.>

<Anche con estremo pregiudizio?> chiese ancora Paladin usando il gergo delle forze speciali e dei servizi segreti per indicare le uccisioni.

<Con ogni mezzo necessario.> ribadì Sharon con voce dura.

Nomad aveva seguito la discussione in silenzio e rifletteva sulle implicazioni delle parole di Sharon.

<Quando partiamo?> chiese, impaziente, la giovane Amiko Kobayashi.

<Tu non vieni.> replicò seccamente Sharon <Non ho nessuna intenzione di portare in mezzo al pericolo una ragazzina.>

<Ho 15 anni.> ribatté, piccata la figlia affidataria di Wolverine e Yukio <Ci sono supereroi che hanno cominciato che erano più giovani di me.>

<Ma non erano sotto il mio comando e questo chiude la discussione.>

Amiko si voltò verso Yukio ma lei allargò le braccia.

<Mi spiace, piccola, ma è lei che comanda qui.> disse.

<Piacerebbe anche a me venire con voi, ma immagino sia ugualmente fuori questione.> intervenne Texas Jack.

<So che lei è in gamba…> Ribatté Sharon <… ma questo è un lavoro per professionisti ed è il motivo per cui ci ha assunto.>

<Ha ragione, naturalmente:>

<Bene.> Sharon si rivolse alla squadra >Andiamo.

Uscirono dalla suite seguiti dallo sguardo cupo di Amiko.

 

 

Spanish Harlem

 

Quando Steve tornò al tavolo a Donna Maria bastò un occhiata per capire che c’erano guai in vista.  La cosa non sfuggì nemmeno all’occhio attento di Sam Wilson.

<Purtroppo devo salutarvi. Un’emergenza familiare mi richiama urgentemente in Connecticut.> disse Steve a beneficio di Nikki Adams.

<Posso essere di aiuto?> chiese Sam.

Steve abbozzò un sorriso. Sapeva che Sam aveva capito tutto e si offriva di aiutarlo nei panni di Falcon.

<Grazie ma non è necessario.> rispose <Io ed il resto della famiglia ce la caveremo da soli. Naturalmente tu e Miss Adams potete restare qui come miei ospiti.>

Mentre si avviavano all’auto sportiva di Maria lei sussurrò:

<In che pasticcio intende cacciarci Fury stavolta?>

Lui glielo spiegò succintamente e lei commentò:

<Sempre missioni facili ci dà lo Zio Nick, non è vero?>

Salirono in auto e si diressero verso Manhattan. Donna Maria aggiunse:

<Il tuo amico Sam e la biondina sono stati a letto insieme.>

<Come fai a dirlo?> chiese Steve.

<Oh, andiamo! È evidente!>

<Per te, forse ma non per me:>

<Perché in certe cose sei ingenuo come tutti gli uomini.>

Steve preferì non commentare.

 

 

Honolulu, Hawaii.

 

La notte era scesa e la luna illuminava il basso edificio bianco che sorgeva sulla spiaggia dandogli un aspetto quasi irreale. Era circondato da una recinzione di filo spinato quasi sicuramente elettrificata.

In più c’era da scommettere che fossero in azione altri sistemi di sicurezza come sensori di prossimità, telecamere di sicurezza, raggi infrarossi invisibili all’occhio umano ma micidiali se li si incrociava e chissà cos’altro.

Walter Koch era il tipo che ci teneva a proteggere i propri segreti, Sharon Carter ne era più che sicura, ma lei non era certo una che si scoraggiava facilmente. Premette un pulsante sul suo orologio e disse:

<Per i prossimi sei minuti tutti i dispositivi elettronici saranno inattivi fateveli bastare.>

<Quell’aggeggino l’hai preso come souvenir quando lo S.H.I.E.L.D. ti ha liquidato?> le chiese Paladin con un sorriso sfrontato in viso.

Lei lo fulminò con un’occhiataccia e replica:

<Parla di meno e fammi vedere cosa sai fare>

<Lungi da me contraddire una bella donna.>

Senza dire altro Paladin estrasse la sua pistola speciale e sparò un cavo sottile che si agganciò ad un albero all’interno della recinzione e lo usò per scalarla.

Nel frattempo Nomad aveva messo in azione i suoi muscoli potenziati dal siero del supersoldato ed affinati dal duro allenamento con ben due Capitan America ed era saltato oltre la recinzione imitato da Diamante che superò l’ostacolo con disinvoltura.. 

<Finora nessuna difficoltà.> disse <La cosa non mi piace.>

<Non piace nemmeno a me.> ammise Jack <Se le cose stanno come dice il ciccione, qui devono esserci un bel po’ di guardie e devono essersi messe in allarme quando tutte le loro diavolerie elettroniche sono andate in tilt, quindi, dove sono?>

La risposta arrivò sotto forma di una serie di latrati furiosi. I due si volsero rapidamente nella direzione da cui provenivano e Nomad fece appena in tempo a vedere un gigantesco cane piombargli addosso.

 

 

Brighton Beach, Brooklyn, New York.

 

Il giovanotto dai capelli scuri seduto in un’auto parcheggiata in un vicolo cominciava a sentirsi annoiato: quel lavoro di sorveglianza era lontano anni luce dall’azione e l’eccitazione di cui gli aveva parlato suo nonno. Finora, poi, non c’era stato nulla da scoprire su Alexander Lukin a parte che gli piaceva un certo tipo di donna ma non era certo un crimine.

Improvvisamente qualcosa infranse il finestrino e lui fece un balzo di lato alzando istintivamente le braccia per proteggersi.

 A rompere il vetro era stata una pistola impugnata da un’attraente donna sulla trentina. La riconobbe: era il capo della Sicurezza di Lukin ed ora gli puntava la sua arma alla testa.

<Non mi piace essere spiata o pedinata e tu e la tua amichetta lo state facendo già da un paio di giorni.>[6] disse la donna con voce dura.

<Non capisco cosa…?>

<Non prendermi per stupida. Ammetto che siete stati in gamba, ma non abbastanza per me che facevo già questo genere di cose quando voi due eravate ancora alle Elementari. Adesso mi dirai per chi lavori o…>

Il giovane non la lasciò finire e dette improvvisamente gas. La donna fu sbilanciata e cadde all’indietro mentre l’auto partiva rapidamente. Non le restò che guardarla sparire all’orizzonte.

Poco male, pensò Yelena Andreievna Brement alzandosi e spazzolandosi i vestiti con le mani.

Lo avrebbe ritrovato, era solo una questione di tempo.

 

 

Quartier Generale dei Vendicatori Segreti, Manhattan, New York.

 

James Buchanan Barnes, Bucky per gli amici, notò anche in certi ambienti col nome in codice di Soldato d’Inverno allontanò lo sguardo dallo schermo del computer e si voltò verso Amadeus Cho dicendo semplicemente;

<C4.>

<Cosa?> esclamò, perplesso, il giovane genio coreano americano.

<È un esplosivo usato dalle forze armate della NATO ma negli ultimi anni è diventato popolare anche tra i terroristi. Sono quasi certo che è quello che è stato usato per far saltare in aria la casa dei tuoi genitori e questo significa che è stato un lavoro da professionisti.  Certo, per capirne di più dovrei vedere dal vivo i reperti.>

<Ma chi potrebbe aver mandato dei killer professionisti ad uccidere i miei genitori?>

<È quello che vorrei capire. Sai per caso se i tuoi genitori avessero problemi con la Corea del Nord?

<No, non credo. Pensi davvero a qualche intrigo internazionale?>

<Non lo so ragazzo, ma a questo punto dobbiamo scoprirlo, tu che dici?>

La risposta di Amadeus fu uno sguardo compiaciuto.

 

 

Honolulu, Hawaii.

 

Non era un cane normale, Nomad lo capì immediatamente mentre quello lo trascinava a terra e tentava di azzannarlo. Solo il tessuto rinforzato del suo costume impedì all’animale di fargli a pezzi il braccio con cui si era istintivamente riparato. Evidentemente la Koch non sperimentava solo sugli esseri umani, non che questo gli fosse di molto aiuto mentre il cane cercava di sbranarlo.

Improvvisamente la bestia si bloccò e ricadde a peso morto. Dal suo collo sbucavano i dardi appuntiti di Diamante.

<Non disturbarti a ringraziarmi.> disse la ragazza.

Nomad si rizzò in piedi e chiese:

<Lo hai…?>

<Spero di no.> rispose lei senza farlo finire <Si è presa una dosa di sedativo capace di stendere un elefante. In ogni caso non c’era scelta: o te o lui. Ora vieni, raggiungiamo gli altri.>

Jack cominciava a capire cosa avesse trovato Steve in lei… a parte l’ovvio chiaramente.

Il resto della squadra affronta li raggiunse in men che non si dica. Yukio grazie ai suoi metodi da ninja era riuscita a raggiungere l’interno del magazzino e a far entrare gli altri. 

<Presto, abbiamo ancora 4 minuti prima che... oh maledizione!> imprecò Sharon; altri cani geneticamente modificati erano apparsi davanti.

Dimensione fuori dal normale, ringhiavano e sbavavano ferocemente. Sembravano venire dall’inferno.

<Dietro di me, presto!> disse Paladin mettendosi tra i cani e il resto dei suoi compagni. Il suo costume imbottito gli forniva una maggiore copertura contro le bestie, inoltre era dotato di una superforza di origine sconosciuta e di una pistola a raggi stordenti; era il più qualificato ad uscire indenne dallo scontro.

Gli altri rimasero a guardare, ammirati, mentre il mercenario, senza trattenersi, si liberava del primo cane calciandolo con forza come se si trattasse di un pallone, mentre un secondo animale veniva messo k.o. da un raggio della sua pistola; un altro però riuscì ad azzannarlo dal braccio, facendogli cadere la preziosa arma di mano.

<ARGH!> gridò lui.

<Stai attento!> urlò Sharon.

Ma Paladin non si perse d’animo e riuscì e liberarsi dalla morsa, sollevò la bestia sopra la testa e con furia la scagliò contro i rimanenti animali, tramortendoli.

Seppur con grande sforzo era riuscito ad avere la meglio.

<Stai bene?> gli chiese Diamante.

<Si si, nulla di grave... per fortuna indosso una buona armatura... eh con quel che mi costa l’attrezzatura..>

<Devo dire che sono colpito, Paladin; dopotutto forse non sei solo un fanfarone.> osservò Nomad.

Sharon intanto stava osservando i corpi dei cani privi di sensi.

<Che mostruosità ... cosa può averli trasformati in belve del genere?> si chiese.

<Credo che stiamo per scoprirlo ...> le rispose Yukio, mentre apriva la porta che i cani avevano difeso così ferocemente.

Quello che c’era dietro li lasciò senza parole:

Un intero laboratorio dove c’erano legati e immobilizzati decine e decine di uomini e donne: privi di sensi o storditi al punto tale da non riuscire ad esprimersi, sembrava di stare in un ospedale da campo o peggio, in un campo di concentramento. C’erano flebo, siringe e strani macchinari un po’ ovunque. 

< Mio dio...  > esclamò Sharon Carter.

 

 

Base dei Vendicatori Segreti.

 

Steve aveva indetto un briefing per illustrare i dettagli della missione, ma a rispondere alla chiamata c’era solo mezza squadra: Jack Flag e la Vedova Nera erano puntualissimi, in uniforme e pronti ad entrare in azione, mentre del Soldato d’Inverno e Amadeus Cho non vi era traccia.

<Yelena, notizie di Bucky?> chiese Rogers.

<Nessuna comandante: mi ha detto di doversi occupare di una questione personale molto importante che gli avrebbe richiesto un po’ di tempo, ma non mi ha dato alcun dettaglio.>

<Amadeus è con lui?> chiese Donna Maria.

<Si; non ho alcuna informazione relativa al ragazzo, ma ho controllato al computer e le loro communicard segnalano la medesima posizione.>

La cosa si faceva sempre più misteriosa. Steve fece una smorfia; non era da lui prendere certe iniziative... ma Bucky godeva di tutta la sua fiducia, per cui era certo che avesse avuto dei buoni motivi per comportarsi in quel modo.

<Se si fosse trattato di qualcosa di importante ci avrebbe informato, lasciamogli per adesso la giusta privacy. Se avranno bisogno di noi ci contatteranno; intanto vi illustro la missione...>

<Ho una domanda comandante: che ne è di Monroe? E chi è questo quii?> chiese Yelena, indicando Jack Flag.

<Nomad non fa più parte della squadra; ha scelto di percorrere altre strade.> disse Steve freddamente, cercando di non far trasparire il dispiacere nella sua voce <Lui invece è Jack Flag, un mio vecchio amico che ci è stato di grande aiuto, quando tu e Buck eravate in congedo temporaneo.>

<Salve!> salutò Jack. Yelena ricambiò con cenno della testa.

<Allora, la nostra missione è salvare lei, l’agente Scorpia.> disse Steve, mentre lo schermo alle sue spalle mostrava un immagine della suddetta ragazza So che chi c’era di voi se la ricorderà in quella missione contro Moonstone[7] ma in realtà è un agente sotto copertura dello S.H.I.E.L.D. presso l’A.I.D.. Scorpia ha fatto sapere a Nick Fury che la loro organizzazione ha rapito quest’uomo, il professor Harding.>

L’immagine sullo schermo cambiò nuovamente, mostrando immagini d’archivio dell’anziano professore.

<Quest’uomo è un luminare nel cambio della tecnologia bellica. È molto probabile che intendano ricattarlo per costringerlo a sviluppare un qualche congegno di distruzione di massa.>

<Il nostro compito è quello di impedirlo portandolo in salvo?> chiese Donna Maria.

<Esatto, ma non solamente quello: intendo anche portar via l’agente Scorpia da li, distruggere i piani dell’A.I.D. e catturare la loro leader, la dottoressa Rappaccini.>

<Non sarà facile...> osservò Yelena.

<Per questo ho scelto voi. Siete i migliori per questa missione e sono certo che la porteremo a termine con successo.>

Jack Flag osservava con quanta sicurezza Steve avesse pronunciato quelle parole; avrebbe voluto essere sicuro di sé la metà di quanto lo fosse lui. Liberare il suo quartiere dai teppisti era una cosa, impedire la diffusione di armi di distruzione di massa ben altra, Jack era veramente passato in serie A.

Era nervoso, ma la tenacia e la determinazione di Steve gli infondevano un grande coraggio: avrebbe fatto qualunque cosa, pur di non deluderlo.

 

 

Honolulu, Hawaii

 

La squadra di Sharon girava per il laboratorio; in loro vi era stupore e disgusto.

<Cristo. Questi poveracci sembrano usciti dalle cure di Mengele ...> osservò Nomad.

Yukio era contenta che Amiko non avesse assistito a quello scenario.

<Avevamo visto giusto. Quel ... mostro fa sperimenti su cavie umane!> esclamò Sharon.

<Già, ma sfortunatamente, questo scoperta non vi porterà a nulla!> disse una voce, all’improvviso: a parlare era stato Shiv in persona, mentre i suoi uomini avevano circondato l’area.

Tra la lotta coi cani da guardia e lo stupore per la scoperta i 6 minuti di copertura erano trascorsi e un sistema d’allarme silenzioso era scattato.

<Qui si mette male...> disse Diamante.

Diverse armi erano puntato su Sharon e i suoi compagni.  Sul posto arrivò Walter Koch in persona.

<Lasciane vivo uno, voglio sapere chi li manda. Il resto, uccidili...> ordinò a Shiv.

 

 

 

CONTINUA

 

NOTE DEGLI AUTORI

 

 

            Pochissimo da dire, stavolta solo una breve nota per ricordarvi che il Professor Mason Harding è stato creato da Jack “il Re” Kirby, di cui l’hanno ricorreva il centenario della nascita.

Nel prossimo episodio. L’epilogo delle nostre due saghe parallele. Non mancate.

 

 

Carlo & Carmelo



[1] Ninja femmina.

[2] Come visto su Captain America Vol. 1° #193/200 (Prima edizione italiana: Capitan America, Corno, #115/200).

[3] Avanzate Idee di Distruzione.

[4] È avvenuto su Captain America Vol. 1° #205 (Prima edizione italiana: Thor, Corno, #185)

[5] Nell’episodio #31.

[6] Vedi episodio #34.

[7]Negli episodi #22/2